Le CER paralizzate da lobby e burocrazia
Sono 610 i giorni trascorsi dal varo del Decreto legislativo (Dgls 199 – 8 novembre 2021) contenente norme per la “promozione dell’uso delle energie da fonti rinnovabili”. Se il conteggio partisse dalla data indicata per l’ entrata in vigore, 15 dicembre 2021, sarebbero 573. Troppi, esageratamente troppi, anche se la pubblicazione in Gazzetta ufficiale arrivasse nei giorni imme-diatamente successivi alla data di questo articolo.
La “palude” fatta da interessi che viaggiano sotto traccia e procedure burocratiche provoca danni incalcolabili in un’epoca in cui la tempestività diventa un fattore di risultato.
In questo caso attivare velocemente ogni soluzione che ci porti fuori dalla “condanna alle fonti fossili”, prima che i possibili futuri assetti politici europei svuotino del tutto il “green deal” approvato il 24 giugno 2021.
La sequenza di rinvii e di rimpalli (Arera, Enel, Ministero della transizione ecologica) resi possibili dalla man-canza di quel regolamento attuativo meriterebbe un attento esame da parte della Corte dei Conti.
Si tiene immobilizzata una macchina produttiva gigantesca, a impatto zero, ad alto tasso di democrazia economica e ambientale, dalle potenzialità straordinarie costituita dalle comunità energetiche rinnovabili (Cer).
Eppure a qualcuno sta risultando utile lo stallo in si stanno tenendo migliaia di realtà in tutta Italia, nonostante la notifica ufficiale a Bruxelles (vedi articolo di Adriano Rossi), nonostante Enel distribuzione abbia pubblicato le mappe per identificare le cabine primarie di riferimento per ogni utenza.
Secondo Cristiano Bottone “… è un concorso di fattori. Ad esempio, il nostro sistema elettrico non è stato pensato per le CER e deve subire una articolata evoluzione, che dipende dal mix energetico e da tanti altri aspetti tecnici”. Le criticità sono quindi molteplici e si riferiscono a diversi ambiti, dalla tecnologia alla burocrazia, dalla contabilità alla responsabilità legale.
Come anche affermato da Francesco Bevilacqua in un articolo pubblicato su Italia che cambia:
"Dall’altra parte, c’è il fatto che questa novità non è gradita a chi gestisce la produzione centralizzata.
Se il modello delle Comunità energetiche si sviluppasse nel tempo sarebbe una vera rivoluzione sistemica ed è prevedibile che chi detiene l’egemonia cerchi di ostacolare questo processo o quantomeno di imporvi proprio dominio”.
Insomma, tutte le persone di buona volontà sparse nella penisola finiscono per essere “cornute e mazziatie”, un’espressione presa in prestito dalla tradizione napoletana che sintetizza perfettamente lo stato delle cose per milioni di utenti che hanno costituito le cooperative di comunità (San Venanzo, Parrano e Baschi in provincia di Terni, Unione Comuni del Trasimeno), figure giuridiche indispensabili alla gestione di questa nuova forma di produzione partecipata che potrebbe rimettere in discussione forme di potere economico ormai consolidate da più di un secolo.