Il biogas a servizio delle aziende agricole

Biogas

È una tecnologia che proviene da lontano, si narra che gli antichi monaci tibetani ne facessero ampiamente uso, seppur in maniera rudimentale, ma, da ormai qualche decennio, ha avuto una sua esplosione in ambito industriale. Il biogas, ovvero quella miscela di gas con una spiccata predominanza della componente metanigena, sta avendo, sempre più, una propria collocazione nel panorama delle rinnovabili. 
Energia pulita, pronta all'uso, verrebbe da dire, da utilizzare tal quale, oppure da convogliare all'interno di un, cosiddetto, cogeneratore, in grado di convertirla in corrente elettrica. Fantastico, tanto più se si pensi che la materia prima in ingresso negli impianti, appunto, di biogas, sia costituita da colture appositamente dedicate all'uopo, come il silomais, il sorgo, ma, meglio ancora, visto che sarebbe cosa buona e giusta continuare a destinare all'alimentazione ciò che madre natura produce, da reflui zootecnici.
Ed è questa la reale innovazione, se vogliamo, la possibilità, cioè, che quello che per un'azienda agricola costituisce uno scarto, un qualcosa da smaltire e far uscire, in qualche modo, dal proprio areale, diventi, piuttosto, materiale da recuperare per produrre il biogas attraverso un determinato processo di digestio-ne anaerobica.
Di impianti di questo genere ne esistono, ormai, a migliaia in tutto il mondo, si parla di qualcosa come ventimila, con un gettito di circa mille all'anno, spesso consortili, nella maggior parte dei casi di grandi dimensioni e, fino a prova contraria, oltre una decina di anni fa, diverse aziende tedesche sono entrate, prepo-tentemente, sul mercato, Italia compresa, proponendo quello che, a prima vista, avesse le sembianze di un "casermone", come tanti ne vediamo ogni qual volta ci dirigiamo in certe regioni del Nord Italia. 
La tecnologia, di tipo CSTR (Continuous Stirred Tank Reactor), che comporta un flusso di biomassa in con-tinuo, con tutti i pro ed i molti contro del caso, è da ritenersi ormai sorpassata.
Ne sa qualcosa una società perugina, Sereco Biotest, guidata dal dott. Luca Poletti, che, da diversi anni, ha focalizzato le proprie ricerche proprio sul biogas, arrivando a brevettare una tecnologia plug and play, facilmente installabile, con interventi minimi di cantierizzazione e, soprattutto, concepita in funzione della dimensione unitaria delle nostre aziende agricole, che sono, ricordiamolo, medio - piccole. Un vestito, insomma, calibrato su misura, che va incontro alle esigenze di ciascuna realtà, non un qualcosa calato dall'alto in modo asettico.
Ed è qui la grande intuizione di Sereco Biotest, microinpianti di digestione anaerobica, a sviluppo orizzontale e non verticale, personalizzati, facilmente trasportabili, dagli ingombri contenuti e dotati di potenza massima intorno agli 80 - 100 kwe, ben lontana dai 2-3 Mwe tedeschi, ma più efficienti e rispondenti alle esigenze di recupero aziendali.
La tecnologia prende il nome di ABR (acronimo di Anaerobic Buffled Reaction) e non è un caso, dal mo-mento che il reattore è un sistema concepito a camere compartimentate, che ricorda il sistema di depura-zione delle fosse Imhoff, o, in maniera più suggestiva, l’apparato digerente dei ruminanti. Infatti ogni camera è predisposta per ospitare una categoria specifica di batteri, in ordine idrolitici, acetogeni-ci/acidogenici ed, infine, metanigeni. 
E, se qualcosa, nella digestione, dovesse andare storto, quel dato materiale ritorna in testa al processo, pronto per un nuovo passaggio. Geniale, in quanto le rese in biogas sono superiori rispetto agli impianti tradizionali, i volumi di reazione sono minori, mentre zero o quasi le emissioni di gas serra in atmosfera; fondamentale, inoltre, la riduzione degli odori e, soprattutto, l'ottenimento di un materiale in uscita, il co-siddetto digestato, un tempo considerato rifiuto, che oggi, invece, viene catalogato come ammendante impiegabile in agricoltura. 
Tale sottoprodotto è facilmente spandibile tramite la fertirrigazione, con un carico di azoto più basso ri-spetto ai liquami grezzi in ingresso.
In sostanza, una serie di benefici per l'azienda agricola, che ha, così, la possibilità di integrare il reddito ed ottimizzare i propri processi produttivi, convertendosi in “GASFARM” e chiudendo, in definitiva, il cerchio secondo i principi della moderna economia circolare, oggi, così tanto sventagliata.
Sereco Botest ha sperimentato, qualche anno fa, il processo a livello prototipale, ottenendo risultati a tal punto incoraggianti da indurla ad avviare ulteriori progetti di ricerca in collaborazione con enti pubblici e soggetti privati in diverse parti d'Italia ed Europa. L'obiettivo dichiarato è quello di entrare a breve sul mer-cato con una produzione in serie e, c'è da giurarci: ci riuscirà.

Foto: un impianto a biogas- Fonte foto: © Maren Winter - Fotolia

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Autore:
Alessio Torzuoli

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